La Yakuza è un complesso di organizzazioni a sviluppo verticale che riflettono le caratteristiche patriliniari della società giapponese. A capo della famiglia (ikka) vi è l'oyabun, il padre, a cui i kobun (figli) devono obbedienza, fedeltà e rispetto. Il nome della ikka che non coincide con quello del capo, ha una importanza notevole ed è trasmesso attraverso un sistema di regole successorie che escludono i figli dal novero degli eredi. La stessa successione è annunciata con una certa ufficialità negli ambienti della malavita. Fino a poco tempo fa, cioè prima che entrasse in vigore la legge anti-yakuza, era facile leggere gli ordini del giorno delle riunioni delle principali organizzazioni criminali tra gli avvisi economici dei quotidiani, oppure trovarsi tra le mani un biglietto da visita di un kobun con l'emblema a sbalzo che identificava chiaramente il gruppo di appartenenza ed il grado assunto in seno all'organizzazione. Il problema della presentazione è simile a quello della mafia siciliana. La Yakuza ha una forma del tutto particolare di saluto e di riconoscimento. Quando due membri della yakuza si incontrano per la prima volta, ciascuno di essi assume una posizione particolare: facendo un piccolo passo avanti, piegando le gambe, posando il pugno sulla coscia destra e stendendo il braccio sinistro, il primo recita il suo luogo d'origine, quello della sua residenza attuale, il nome proprio e quello del suo oyabun in un linguaggio arcaico e ampolloso; al termine lo stesso saluto è ripetuto dal secondo (Iwai 1986, pag. 223, citato in La mafia siciliana di Diego Gambetta, Einaudi Paperbacks, Torino, 1992). Secondo Iwai questo rito è stato mutuato dagli artigiani del Giappone medievale.. Come la mafia, la yakuza ha un rituale parsimonioso: "Riso, pesce, sale e sakè sono posti nella nicchia dell'altare scintoista quando inizia la cerimonia. L'oyabun (capo) prima beve poi volge la sua tazza al kobun (novizio). Il kobun che sta per essere ammesso nell'organizzazione beve dalla stessa tazza (Iwai 1986, pag. 215). Quindi il torimochinin (l'organizzatore dell'incontro) ammonisce circa i solenni doveri del kobun: "Finchè tu tieni questa tazza, dovrai essere leale alla ikka e servire il tuo oyabun con pietà filiale. Anche se tua moglie e i tuoi figli muoiono di fame, tu devi lavorare per l'oyabun e per la ikka a rischio della tua vita. Il tuo dovere è ora di vivere con questa parentela per tutta la vita. Considera il tuo oyabun come il tuo padreterno. Non temere l'acqua o il fuoco e offriti spontaneamente per assumerti ogni compito difficile (Iwai 1986, p. 215). Quando un adepto raggiunge un certo status nella gerarchia ottiene il permesso di iniziare i suoi propri affiliati e diventare un piccolo capo. Egli annuncia il nome della sua nuova famiglia e, a seconda del suo prestigio, gli è concesso di chiamarsi capo di una "famiglia succursale" oppure di una "famiglia indipendente"; inoltre "i capi più deboli, di famiglie meno potenti, sono costantemente alla ricerca di occasioni per stringere alleanze con i capi più potenti al fine di procurarsi sicurezza e accrescere lo status e il potere delle lor famiglie". La Ikka, o famiglia, ha un nome proprio - come Sumiyoshi-ikka a Tokio - che diventa un simbolo del potere e dell'autorità del gruppo. |