Ciclismo OnLine IL TOCCO FINALE
La Medicina Del Dottor Dunlop


Il primo uomo ad aver pensato, immaginato, disegnato la catena è stato comunque (come al solito, verrebbe voglia di dire) Leonardo da Vinci: chiari a questo proposito certi schizzi del Codice Atlantico. Precursore di tante scoperte, insomma, Leonardo non poteva non aver pensato alla bicicletta, come abbiamo veduto. L'Inghilterra fu la prima a credere nel bicicletto e a produrlo in serie, segnando così (non senza problemi, visto che era anche una questione di mercati da conquistare e di conflitti industriali) l'inizio della fine per il biciclo. Ma il sorpasso era inevitabile: ben presto si sarebbe constatato che, con la trasmissione a catena, una ruota di 80 centimetri di diametro sviluppava lo stesso passo (metri 4,70) di un gran-bi con la ruota anteriore di un metro e mezzo. Nel 1878 uscì il primo modello: Safety, che -guarda caso- vuol dire sicurezza. La proporzione tra le ruote era invertita: piccola l'anteriore, grande la posteriore, trasmissione a catena. Negli anni successivi si registrarono molti tentativi di migliorare il modello Safety, fino ad arrivare al'85. A Coventry fu costruito un veicolo, chiamato "il pioniere": telaio a forma di croce, freno a leva, sella elastica, parafanghi, ruote con i raggi, fanale. Una macchina molto simile alla nostra, solo con la ruota anteriore più piccola della posteriore. Ulteriori miglioramenti furono apportati nei modelli successivi, in particolare nel Rover. In Francia si impose il modello Clément; nell'84 il torinese Vianzone costruì il primo bicicletto italiano, con ruote cerchiate in corda. Il problema era la scarsa robustezza del telaio: la soluzione fu trovata dal costruttore di Nottingham Thomas Humber, che nell'84 costruì il primo telaio "quadro", dal quale deriva quello ancora in uso. Gli inglesi avevano dato un soprannome al velocipede: boneshaker, scuoti-ossa. Nonostante tutti i progressi tecnici non era stato ancora eliminato l'inconveniente delle vibrazioni causate dalle ruote piene su strade malridotte. La soluzione (e si arriva così all'ultimo stadio della bicicletta) viene trovata a Belfast del febbraio 1888 da un veterinario scozzese: John Boyd Dunlop. Per rendere più scorrevole il triciclo che aveva regalato al figlio, il dottor Dunlop ebbe l'idea di rivestire le ruote con tubi di gomma che contenessero aria. Costruì un piccolo tubo di para vulcanizzata, lo gonfiò usando una rudimentale valvola, lo applicò a un disco di legno e fece una prova con la ruota del triciclo del figlio: la ruota non arrivò dall'altra parte del cortile, mentre il disco con il rudimentale pneumatico rimbalzò sul muro opposto. Era fatta. Applicò la sua idea al triciclo del figlio. Un successo: il 7 dicembre 1888 le autorità inglesi gli rilasciarono il brevetto. L'idea dei pneumatici era già venuta 43 anni prima all'ingegnere inglese Williams, ma Dunlop è stato il primo a realizzarla ed applicarla. I pneumatici Dunlop avevano un difetto: erano difficili a ripararsi. In compenso davano risultati eccellenti. In gara le prime biciclette che li montavano non avevano avversari. Nel 1891 il francese Michelin risolse il problema inventando le gomme smontabili. Un anno dopo Pirelli perfezionò ancora l'idea di Dunlop, progettando la copertura smontabile a tallone che facilitava ancora di più la sostituzione del pneumatico: lo stesso Pirelli inventò un tubolare speciale per le corse su pista. La bicicletta era ormai completa.


Tratto da:
La storia illustrata del ciclismo

Editrice:
La Casa Dello Sport




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