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INSEDIAMENTI PREISTORICI COSTIERI NEL SIRACUSANO.

Lorenzo Guzzardi


Una rassegna sugli insediamenti preistorici costieri nel Siracusano può costituire un utile punto di partenza per esaminare il rapporto tra l'uomo e le risorse del mare in questo territorio sin dall'età più antica.
Per i tempo a disposizione non è possibile riferire su tutti i siti finora individuati, per la descrizione dei quali si rinvia agli atti del convegno. Pertanto si è ritenuto di doverci soffermare in questa sede sulle acquisizioni di carattere generale e sulle ricerche più recenti che servono per un aggiornamento sull'argomento.
Per le fasi del Paleolitico e del Mesolitico il riesame di alcune grotte costiere augustane, anche con brevi saggi di scavo, non ha finora portato nuovi rilevanti dati rispetto alle conoscenze già acquisite. Queste riguardano alcuni siti, come la grotta di origine marina denominata Corrugi presso Pachino, tipico insediamento a ridosso della spiaggia vissuto nel periodo di transizione che vide l'introduzione della ceramica nell'isola, indagato nelle Sicilia occidentale con scavi più sistematici condotti nella grotta dell'Uzzo. In quest'ultima le datazioni al C 14 del livello mesolitico contenente vertebre di grandi pesci riportano al VII millennio a. C., mentre il successivo livello neolitico viene datato al 5000 a. C..
Recenti ricognizioni di superficie di due ricercatori augustani, Russo e Gianino, testimoniano presenze di microliti geometrici dal Maccaudo e da Punta Tonnara, riferibili a queste fasi.
Dunque fra i siti epipaleolitici e mesolitici finora individuati nel Siracusano sembrano prevalere quelli costieri, la cui economia a base di caccia doveva essere integrata dalla risorse del mare tramite le attività di raccolta e di pesca.
Anche per il Neolitico la raccolta dei molluschi costieri finalizzata all'alimentazione è ampiamente documentata dai recenti scavi che abbiamo effettuato a Vulpiglia a breve distanza dalla Corrugi nell'area di un villaggio della Cultura di Stentinello, altro insediamento costiero sito poco a nord di Siracusa.
Fra i resti dell'abitato di Vulpiglia che ha restituito livelli con tipiche ceramiche stentinelliane abbiamo rintracciato un vero immondezzaio di conchiglie e resti di pasto.
Sono documentate come usate per l'alimentazione diverse specie di molluschi marini fra cui la patella e l'ostrea.
Nello stesso sito sono state anche individuate delle sepolture databili, attraverso il corredo, ad una fase finale del Neolitico (Cultura di Serra d'Alto).
I fori per l'alloggiamento di pali in legno messi in luce indicano l'esistenza di strutture solo in parte riferibili a capanne, mentre per altre è probabile l'identificazione con recinti o magazzini. Alcune buche più grandi, già visibili prima dello scavo, avevano suggerito al Kapitan un utilizzo per la conservazione di derrate alimentari. Si potrebbe pensare al pesce sotto sale, quest'ultimo disponibile nella zona in grandi quantità. Ma, mentre non mancano resti di tonnidi dagli scavi dei villaggi neolitici di Megara Hyblea, Stentinello e Matrensa, a Vulpiglia non sono stati finora identificati ossi di pesci. Vi sono piuttosto documentati i mammiferi d'allevamento, soprattutto caprini. Non mancano i bovini e i suini. Così non trova supporto sino ad ora la suggestiva ipotesi di A. Cazzella che la neoliticizzazione dell'arcipelago maltese partita dalla Sicilia sia avvenuta in connessione con le attività di carattere stagionale, come la pesca del tonno. L'ipotesi parte da possibili analogie con i modelli di insediamento neolitico nelle isole egee attenzionati da A. G. Sherrat.
Altri fori per pali sono stati individuati presso la spiaggia a sud dell'area sottoposta ad indagine di scavo, quest'ultima purtroppo rimaneggiata da una recente cava di pietra. Alcuni buchi sono oggi sommersi. G. Kapitan ne segnala uno a metri 1,70 dal livello del mare. Alcuni allineamenti di piccoli buchi, come quelli rilevati sull'estremità del promontorio, fanno pensare a delle tettoie. Ma non vi sono prove della contemporaneità di questi con i buchi dell'area oggetto dello scavo. D'altronde nella zona non mancano testimonianze di altre epoche, anche di età greco – romana.
I villaggi all'aperto come Vulpiglia e Stentinello sono in questa provincia le stazioni neolitiche più diffuse. Più raro è invece l'insediamento in grotta. Nel Ragusano, invece, non sono documentati villaggi lungo la costa, forse anche per il forte insabbiamento che quest'ultimo ha subito negli ultimi millenni.
Assai limitate le nuove acquisizioni sull'Eneolitico nella costa siracusana sia per quanto concerne i siti per i materiali. L'insediamento in grotta più conosciuto rimane la stazione di Calafarina presso Pachino. Qui la continuità di vita plurimillenaria e il rapporto con l'esterno, non solo con l'entroterra (ossidiana da Lipari già presente a Vulpiglia, scisto dall'area dello stretto di Messina) indicano un costante utilizzo dell'approdo naturale antistante la grotta. Da essa proviene un'interessante industria in osso che tuttavia non basta a dimostrare l'utilizzo di reti per la pesca.
Dal Bronzo Antico in poi l'occupazione del territorio avviene in modo capillare cosicché anche gli insediamenti dell'interno sono numerosi, dislocati per lo più lungo gli assi fluviali.
Il rapporto fra siti costieri e siti dell'hinterland è in questa età a netto sfavore dei primi sia negli Iblei orientali, sia in quelli meridionali, cioè nel Ragusano, dove sono documentati numerosi insediamenti di retrocosta. La linea costiera sembra invece soggetta ad incursioni di genti dal mare. Le preoccupazioni difensive sono d'altronde ben testimoniate durante la prima età del Bronzo dalle fortificazioni con muri ad aggere del Petraro e di Thapsos nonché di Branco Grande, quest'ultimo sito ubicato nel Ragusano.
La situazione del rapporto fra siti costieri e dell'interno ritorna a riequilibrarsi nel Bronzo Medio. Nel Ragusano ed in particolare nei distretti minerari della selce sopravvivono alcuni villaggi della precedente fase di Castelluccio. Nel Siracusano trovano invece incremento gli insediamenti lungo la rotta della navigazione costiera, che diviene il tramite di commerci con Malta, testimoniati dalle importazioni di ceramiche nei siti di Ognina, Cozzo Pantano e Thapsos, o di scambi con terre lontane come la Grecia Milena e Cipro.
Persino la ceramica locale di Thapsos, caratterizzata da solchi incisi, sembra influenzata dai repertori figurativi egei con uccelli e pesci.
In un caso è invece raffigurato in modo stilizzato un uomo su un'imbarcazione (forse un pescatore o un mercante).
La posizione stessa di Thapsos, con due approdi, risponde all'organizzazione di un abitato ormai di tipo urbano connessa con le attività del mare. Dagli scavi dell'abitato provengono anche resti di pesci, ma per la verità non così diffusi da far ritenere che la pesca fosse molto praticata.
Sono invece ben documentati, attraverso i materiali provenienti dalla necropoli, il commercio e indirettamente la navigazione.
Le tombe a grotticella con anticella a pozzetto o a dromos, esplorate nella zona più vicina al mare da Cavallari, Orsi e poi da Voza costituiscono infatti la principale fonte di informazione sugli scambi transmarini grazie ai corredi tombali che comprendono qui, come in altri siti del Siracusano, un buon numero di importazioni, soprattutto dalla Grecia e dalle isole egee.
Nel Siracusano i siti con importazioni superano per numero quelli del resto dell'isola, attestando così l'importanza di questa fascia costiera per le varie rotte commerciali. E d'altra parte non è senza significato che i luoghi costieri interessati dalla colonizzazione siano stati anche sede di villaggi preistorici, così Thapsos, Megara Hyblaea (villaggio neolitico), Origia (dal Bronzo Antico) ed Eloro (dal medio Bronzo).
E per finire alcuni cenni alle più recenti ricerche e acquisizioni sull'Età del Bronzo.
Al Plemmirio, una tomba sfuggita a Poalo Orsi ha restituito elementi di una collana in pasta vitrea e un singolare spillone in bronzo e pasta vitrea di importazione micenea.
Testimonianze del Bronzo Medio e Tardo provengono dal Viale Santa Panagia a Siracusa, dove sotto il livello della necropoli greca, esplorata in questi ultimi anni, abbiamo individuato resti di capanne. Si tratta di piccoli tasselli, ma preziosi di un mosaico di informazioni sulla preistoria di Siracusa.
Altre scoperte sono avvenute lungo la costa sia a sud che a nord del capoluogo.
A Cugni di Calafarina si conoscevano tombe a grotticella già indagate da Paolo Orsi alla fine del secolo scorso.
Sono ora venuti alla luce i resti di due insediamenti del Bronzo Antico, uno dei quali con capanne che hanno restituito ceramiche delle fasi di Castelluccio e Rodi - Tindari.
In località Sichilli - Vendicari, di fronte alla Cittadella di Maccari, nei pressi di una capanna i cui resti si sono conservati sorprendentemente per un metro d'altezza, oltre alla ceramica locale del Medio Bronzo, sono venuti alla luce frammenti delle culture maltesi di Tarxien Cemetery e Borg in Nadur.
A Campolato di Augusta, nei pressi di grotte frequentate nel Paleolitico e nel Neolitico, a breve distanza dai ricorrenti buchi di pali presso la riva, sono venuti alla luce altri frammenti della cultura di Tarxien Cemetery.
In conclusione, grazie all'ausilio di una carta di distribuzione dei siti nella fascia costiera, è possibile affermare l'esistenza nell'età del bronzo di alcuni punti forti nei pressi dei principali approdi e delle rade naturali (la zona di Brucoli e Monte Tauro, la rada di Augusta, il Porto Grande, la zona di Arenella - Ognina, il porto di Vendicari, la zona di Calafarina e Pantano Morghella).
Da questi dati della topografia costiera del Siracusano risulta con evidenza che il rapporto col mare ha condizionato le scelte dei siti e dell'insediamento già molto prima della colonizzazione greca.


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